Vivo per gioco
di Davide del Grosso
con Chantal Masserey e David Bonacina
scene Dino Serra
foto di scena Roberto Rognoni
ideazione musicale, scenografica e regia di Claudio Orlandini
produzione Comteatro
Vivo per gioco è un’opera che usa il gioco d’azzardo come varco per andare a scandagliare un certo tipo di sofferenza nei confronti della vita. Una sofferenza tutta dei nostri giorni. La rabbia, la visione del futuro come minaccia, dell’altro come nemico, l’idea che per vivere bisogna sopravvivere e per sopravvivere bisogna prevaricare, muovono Franco. Franco che fuma e canta. Franco che tiene la fortuna al guinzaglio, come una schiava. Franco che è un uomo e come qualsiasi uomo da qualche parte coltiva ancora il desiderio di essere vivo, semplicemente vivo, vivo per davvero e non per gioco.
Pensiero drammaturgico
Il testo nasce per il mio gruppo di lavoro come pièce che tratta il tema del gioco d’azzardo. Ho iniziato la scrittura avendo presente precedenti fasi di lavoro degli attori, dalla regia e un copione composto di frammenti a più mani. Di questi frammenti nulla ho tenuto, non perché non ne riconoscessi il valore, ma perché avevo bisogno di muovermi dalla e nella mia difficoltà, sviluppando una linea di pensiero limpida. Ho portato invece con me il desiderio della regia di non parlare dell’azzardopatia tout court, ma di usarla come varco per scandagliare un certo tipo di sofferenza nei confronti della vita.
Contro ogni mia aspettativa il lavoro ha iniziato da subito a svegliare anche urgenze che mi appartengono. Ho sostato nei bar abitati dai giocatori, nelle sale slot, nelle strade di sera. Ho giocato, ho fumato con loro, li ho sentiti parlare, ho cercato di imparare un nuovo lessico. E in mondo di parole che non mi appartenevano ho trovato un filone di desideri e grida mie, espressi meglio di come forse io non avevo mai fatto. Da questa esplorazione sono apparsi due personaggi che mi sono diventati a poco a poco familiari, affettivi. Franco è un tamarro cresciuto del Giambellino, un uomo di mezza età che indossa ancora le AirMax e il bomber, che affanna e arranca, ma maschera bene con dosi forti di ironia e maschilismo. Franco è un adolescente incazzato di più di trent’anni, è un bambino che alza le braccia al cielo per essere abbracciato, è un uomo adulto a cui gira male, malissimo, ma spera ancora possa girargli bene. Anzi se lo aspetta. Anzi lo pretende. Perché gli spetta, perché non può girare sempre male. Franco è il desiderio violento di rivalsa e revanscismo nei confronti della vita che si incontra nelle sale slot e nelle bevute economiche sui marciapiedi. Franco si illude di poter tenere la fortuna al guinzaglio, crede di tenere la propria Moira in catene, di poterla sfruttare e di poterne abusare quando vuole. Ma la sorte degli uomini non è fatta per essere violentata. La fortuna non si fotte. Ma si accorda, talvolta, quando gli uomini sanno ancora ascoltarla, alla loro più intima natura, al loro bisogno antico. Così da caso diventa fato, diventa destino. Diventa la compagna accanto alla quale è possibile non temere più la vita.
Note di regia
Chi è Franco? Un uomo che vive tra una stanza colma di specchi e una sala di slot machine. Da dove proviene il disagio di Franco e la causa del suo vizio del gioco? Nello spettacolo ho cercato di dare vita a questi quesiti, accettando la sfida dell’autore Davide del Grosso. Per la scena ho scelto un armadio che diventa lo scrigno del dio denaro, un tempio, un altare pagano. Una misera stanza dove Franco può scatenare le sue personali allucinazioni. É in questo luogo che arriva il secondo personaggio, una donna bendata. Una commedia surreale che mette a confronto la diversità del linguaggio quotidiano e spregiudicato di Franco con quello poetico e ricercato della donna bendata. Lo scontro dialettico e fisico non vuole dare soluzioni, ma l’atto finale dopo l’ultimo sorprendente grido d’aiuto rivolto a dio, sembra far emergere la difficoltà di relazione che vivono i giovani nel contemporaneo e forse solo l’incontro e l’ascolto possono essere l’ultima possibilità di salvezza.
NOTA TECNICA
spazio scenico
dimensioni minime: 6X6X3m
carico luci: 15Kw
tempi
tempi di montaggio: 5 ore
tempi di smontaggio: 2 ore
durata spettacolo
65 minuti
SIAE
cod.opera in attesa