da un’idea drammaturgica e scenografica di Claudio Orlandini
regia di Claudio Orlandini
di e con Carola Boschetti, Cinzia Brogliato, Luca Chieregato, David Alessandro Bonacina
scene e costumi Anna Bertolotti
musiche originali Gipo Gurrado
luci Fausto Bonvini
foto di Margherita Busacca
“Che fai, tu luna in ciel, che fai?
Mia cara luna, ti scrivo tre righe prima della buona notte, ti scrivo di notte perché tra queste pagine nemmeno mia sorella può entrare…” La luna… chissà cosa vede da lassù! Da quanto tempo ci osserva, senza mai mutare aspetto… ma è proprio vero che non cambia mai? Non si appassiona per le nostre storie?
Non ride mai? Siamo sicuri che non pianga mai…
In questo spettacolo abbiamo deciso di cominciare da lei, dalla luna, cioè da qualcosa che potesse regalarci uno sguardo lontano, poetico, uno sguardo che potesse dirci chi siamo, visti così da lontano. La luna, appesa nel cielo, è da sempre testimone e destinatario dei sogni, delle parole e dei desideri degli uomini…
Questa è la suggestione che ci ha mosso verso “Tre righe”, il pensiero di una luna che – come un’eterna, infinita pagina di diario – raccoglie tutti gli istanti, le parole e le immagini del passato, conservandone intatta la memoria.
Che cosa avrà pensato la luna di fronte alla vergogna dell’Olocausto?
La struttura che abbiamo dato a questo spettacolo si snoda su tre tracce: in primo luogo le parole della luna, che come un canto leopardiano accompagnano tutto lo scorrere del racconto; la storia vera e propria, letta attraverso le pagine di diario di una bambina protagonista della tragedia; ci sono inoltre le filastrocche e le canzoni del cabaret dell’epoca, che caratterizzano la vicenda, regalandole un sapore dolceamaro, grottesco, a tratti inquietante.
La bambina scrive parole per la luna, le racconta tutto ciò che sta accadendo passo dopo passo, vergogna dopo vergogna: ecco le prime ronde, ecco la stella sul petto, ecco il confino tra le mura del ghetto… intorno, come in un incubo assurdo, si cantano canzoni d’amore, i locali fumosi sono zeppi di donnine e lacchè che raccontano stupide barzellette. E la luna è costretta ad assistere, non può fare altro che guardare, si danna del suo non poter intervenire, gridare, non può che piangere l’inevitabile che le precipita davanti agli occhi… ma tutto questo era davvero inevitabile?
La memoria ne esce frantumata, sgretolata come cristalli di vetro in una notte di violenza; la memoria è un gesto quotidiano, non un pensiero rivolto al passato. E le parole leopardiane, così fragili, intime e struggenti, ci costringono a fare i conti con ciò che siamo, ciò che siamo o non siamo diventati.
TRE RIGHE diario dal ghetto_pdf
NOTA TECNICA
spazio scenico
dimensioni minime 5mX5mx3m
carico luci: 20KW
graticcio, o americane su palco
tempi
tempi di montaggio: 6 ore
tempi di smontaggio: 2 ore
durata spettacolo
60 minuti
fascia d’età
dagli 11 anni in su
SIAE
cod. opera 867733 A